Il piu grande peccato di Mussolini

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Nel 1936, Benito Mussolini e il regime fascista presero una serie di misure che portarono alla nazionalizzazione della Banca d’Italia. Questo processo faceva parte di un più ampio progetto di consolidamento del potere economico e politico sotto il controllo dello Stato fascista. Vediamo in dettaglio come avvenne questa nazionalizzazione e quali furono le sue conseguenze.

Contesto Storico

Negli anni ’20 e ’30, l’Italia, come molte altre nazioni, fu gravemente colpita dalla Grande Depressione. La crisi economica globale aveva messo in difficoltà il sistema bancario e industriale italiano, portando molte banche e imprese sull’orlo del fallimento.

La Crisi Bancaria degli Anni ’30

Alla fine degli anni ’20 e all’inizio degli anni ’30, molte grandi banche italiane si trovarono in difficoltà finanziarie a causa di investimenti rischiosi e del deterioramento delle condizioni economiche. Tra queste, alcune delle più importanti erano la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e la Banca di Roma.

Queste banche avevano strette relazioni con il settore industriale e avevano finanziato molte imprese che stavano ora lottando per sopravvivere. Quando queste aziende cominciarono a fallire, anche le banche che le avevano sostenute si trovarono in difficoltà. La crisi minacciava di destabilizzare l’intero sistema economico italiano.

L’Istituzione dell’IRI

Nel 1933, in risposta alla crisi bancaria, il governo fascista istituì l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI). Questo ente aveva il compito di rilevare le partecipazioni delle banche nelle imprese in difficoltà e di gestirle per conto dello Stato. L’IRI divenne rapidamente il principale strumento attraverso il quale il governo fascista interveniva nell’economia italiana, assumendo il controllo di gran parte del settore industriale e bancario.

La Nazionalizzazione della Banca d’Italia

Parallelamente alla creazione dell’IRI, il governo fascista procedette alla nazionalizzazione della Banca d’Italia. Fino a quel momento, la Banca d’Italia era un’istituzione privata, sebbene avesse una funzione pubblica nella gestione della moneta e della politica monetaria del paese. La nazionalizzazione avvenne attraverso il passaggio del controllo della banca allo Stato e la riforma del suo statuto.

Passaggi Chiave della Nazionalizzazione:

  1. Riforma dello Statuto (1936): La riforma dello statuto della Banca d’Italia, introdotta nel 1936, fu il passo decisivo nella nazionalizzazione. La riforma trasformò la Banca in un ente pubblico, con il capitale detenuto prevalentemente dallo Stato e da altri enti pubblici. Questo cambiamento garantì che la Banca d’Italia operasse sotto il controllo diretto del governo fascista.
  2. Consolidamento del Sistema Bancario: Con la nazionalizzazione, la Banca d’Italia acquista una maggiore autorità di supervisione sulle altre banche e diventò il fulcro del sistema finanziario italiano. Questo consolidamento era parte dell’obiettivo fascista di creare uneconomia corporativa, in cui lo Stato aveva un controllo centrale sulle principali attività economiche.
  3. Controllo sulle Risorse: La Banca d’Italia, ora sotto il controllo statale, divenne uno strumento attraverso il quale il regime poteva indirizzare le risorse finanziarie secondo le proprie priorità politiche ed economiche. Questo includeva il finanziamento delle imprese considerate strategiche e il supporto agli sforzi bellici.

Impatto della Nazionalizzazione

La nazionalizzazione della Banca d’Italia ebbe diversi impatti significativi:

  • Controllo Politico: La mossa rafforzò il controllo del regime fascista sull’economia italiana, permettendo a Mussolini di indirizzare le risorse finanziarie e le politiche monetarie in linea con gli obiettivi del governo.
  • Stabilizzazione del Sistema Bancario: La nazionalizzazione e l’intervento dell’IRI aiutarono a stabilizzare il sistema bancario durante la crisi, prevenendo un collasso completo che avrebbe potuto avere conseguenze devastanti per l’economia italiana.
  • Centralizzazione del Potere: Questo passaggio segnò una significativa centralizzazione del potere economico, con lo Stato che assumeva un ruolo dominante nel controllo delle principali istituzioni finanziarie e industriali del paese.

facciamo un primo punto

La nazionalizzazione della Banca d’Italia nel 1933, culminata con la riforma del 1936, fu un passo cruciale nel consolidamento del controllo statale sull’economia italiana da parte del regime fascista. Questa mossa non solo stabilizza il sistema finanziario durante una crisi profonda, ma rafforzò anche il potere politico di Mussolini e il suo governo, rendendo lo Stato il principale attore economico in Italia.

Cerchiamo di approfondire

Riforma del 1936 e il Controllo sulla Produzione di Banconote

  1. La Riforma del 1936:
    • Nel 1936, la Banca d’Italia divenne formalmente un istituto pubblico, sotto il controllo dello Stato italiano le azioni nelle mani dei privati che vedremo dopo vengono seuestrate.
    • La riforma dello statuto della Banca d’Italia aveva come obiettivo principale il consolidamento del controllo statale sulla politica monetaria e sulla supervisione del sistema bancario italiano.
  2. Produzione delle Banconote:
    • Prima della riforma, la Banca d’Italia era già l’istituto responsabile dell’emissione delle banconote, un privilegio che aveva dal 1893.
    • La riforma del 1936 non cambiò questo compito. La Banca d’Italia continuò a essere l’unica entità autorizzata a emettere banconote in Italia.
  3. Ruolo del Tesoro:
    • Anche dopo la riforma del 1936, il Ministero del Tesoro non divenne responsabile della produzione diretta delle banconote.
    • La Banca d’Italia rimase l’autorità preposta all’emissione e alla gestione della valuta cartacea. Di fatto una mera dipendenza del tesoro che conserva tale nome solo per rassicurare una certa continuità.
    • Il Tesoro aveva però un ruolo significativo nella definizione della politica monetaria e nella gestione delle finanze pubbliche
  4. Operazioni Tecniche e Logistiche:
    • La produzione materiale delle banconote era affidata alla Banca d’Italia, che disponeva delle strutture e delle capacità per stamparle.
    • L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS), un’entità separata, aveva il compito di stampare fisicamente le banconote, ma sotto la supervisione della Banca d’Italia.
  5. Emissione delle Banconote:
    • L’emissione, che significa il processo di mettere in circolazione le banconote, restava una prerogativa esclusiva della Banca d’Italia.
    • Il Ministero del Tesoro controlla e dirige  la Banca d’Italia nel determinare la quantità di denaro da emettere, in funzione delle politiche economiche del governo.

Per capire la situazione antecedente

Prima della nazionalizzazione della Banca d’Italia nel 1936, il controllo della banca era principalmente nelle mani di una combinazione di azionisti privati, rappresentanti del governo e di istituzioni finanziarie e bancarie. Vediamo in dettaglio chi controllava e gestiva la Banca d’Italia in quel periodo:

Contesto Storico

  1. Fondazione e Inizio:
    • La Banca d’Italia fu fondata nel 1893 dalla fusione di diverse banche italiane in difficoltà, come la Banca Nazionale del Regno d’Italia.
    • Fin dalla sua fondazione, la Banca d’Italia era un’istituzione a proprietà mista, con azionisti privati e pubblici.
  2. Struttura della Proprietà:
    • Prima della riforma del 1936, la Banca d’Italia era una società per azioni. Le sue azioni erano possedute da banche private, istituzioni finanziarie e, in misura minore, da enti pubblici.
    • Le maggiori banche commerciali italiane, come la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano, possedevano una parte significativa delle azioni della Banca d’Italia.
  3. Governance e Direzione:
    • La governance della Banca d’Italia era affidata a un Consiglio Superiore, composto da rappresentanti degli azionisti, che includevano soprattutto banche private.
    • Il Consiglio Superiore nominava il Governatore, che era responsabile della gestione operativa della Banca.
    • Oltre al Governatore, c’erano altri direttori e funzionari che gestivano le varie operazioni della banca.
  4. Ruolo dello Stato:
    • Anche se la Banca d’Italia era a proprietà mista, lo Stato italiano aveva un’influenza significativa attraverso la nomina di alcuni membri del Consiglio Superiore e altre forme di supervisione.
    • Il Ministero del Tesoro italiano aveva una certa influenza sulle politiche monetarie e finanziarie, ma non controllava direttamente la banca.
  5. Azionisti Privati e Istituzioni Finanziarie:
    • Le grandi banche commerciali italiane, che erano tra i principali azionisti, esercitavano un’influenza significativa sulle decisioni della Banca d’Italia.
    • Questo stretto legame tra la Banca d’Italia e le principali banche commerciali italiane faceva sì che le decisioni della banca riflettessero spesso gli interessi del settore bancario privato.

Cambiamenti dopo la Nazionalizzazione del 1936

  • Riforma del 1936: La legge bancaria del 1936 trasformò la Banca d’Italia in un ente pubblico, il che significava che il controllo passava saldamente nelle mani dello Stato italiano.
  • Modifica della Proprietà: Le azioni della Banca d’Italia furono acquisite principalmente da enti pubblici, tra cui il Tesoro e altre istituzioni statali, eliminando così l’influenza diretta delle banche private.
  • Nuova Struttura di Governance: Il governo fascista rafforzò il controllo statale sulla banca, con la nomina del Governatore che divenne prerogativa del governo italiano.

Prima della nazionalizzazione della Banca d’Italia nel 1936, il controllo dell’istituto era fortemente influenzato da alcune delle più potenti famiglie bancarie e industriali italiane. Queste famiglie avevano una significativa partecipazione nelle grandi banche commerciali che, a loro volta, erano importanti azionisti della Banca d’Italia. Ecco alcune delle famiglie e gruppi principali che detenevano un controllo rilevante sulla Banca d’Italia:

Le Grandi Famiglie e i Loro Gruppi

  1. Agnelli
    • Giovanni Agnelli e la famiglia Agnelli, fondatori della Fiat, avevano una grande influenza nel sistema bancario italiano.
    • La famiglia Agnelli era strettamente legata a istituzioni come la Banca Commerciale Italiana, una delle principali banche azioniste della Banca d’Italia.
    • La loro influenza si estendeva anche oltre il settore automobilistico, con partecipazioni significative in molteplici settori industriali e finanziari.
  2. Pirelli
    • La famiglia Pirelli, guidata da Giovanni Battista Pirelli, fondatore dell’omonima azienda di pneumatici, aveva un ruolo influente nel panorama economico e bancario.
    • Il gruppo Pirelli aveva stretti legami con la Banca Commerciale Italiana, che era uno dei principali azionisti della Banca d’Italia.
    • La loro rete di relazioni e partecipazioni contribuiva a rafforzare il loro potere nel sistema finanziario.
  3. Crespi
    • La famiglia Crespi era una delle principali famiglie imprenditoriali e finanziarie dell’epoca.
    • Erano coinvolti in vari settori, inclusi media, carta e stampa, e avevano influenze nel settore bancario attraverso legami con il Credito Italiano.
    • Il Credito Italiano, una delle maggiori banche del tempo, era un altro azionista significativo della Banca d’Italia.
  4. Rossi
    • La famiglia Rossi, con Vittorio Rossi come figura prominente, aveva profonde radici nel settore bancario.
    • Erano coinvolti con la Banca di Roma, una delle principali banche commerciali italiane.
    • La Banca di Roma, insieme alla Banca Commerciale Italiana e al Credito Italiano, formava il triumvirato che aveva il maggior controllo sulla Banca d’Italia.
  5. Beneduce e La Maggioranza Statale
    • Alberto Beneduce, un influente economista e banchiere, aveva una grande influenza nel sistema finanziario italiano.
    • Era strettamente associato alla Banca Commerciale Italiana e al Credito Italiano, e fu un architetto chiave della riforma bancaria italiana.
    • Anche se Beneduce stesso non era una famiglia, rappresentava un collegamento critico tra lo Stato e le famiglie finanziarie, soprattutto nella gestione dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI).

Le Banche Coinvolte

  1. Banca Commerciale Italiana (Comit)
    • Era una delle principali banche private italiane, con azionisti influenti come le famiglie Agnelli e Pirelli.
    • Aveva un ruolo dominante nel settore bancario e finanziario e una significativa partecipazione nella Banca d’Italia.
  2. Credito Italiano
    • Un’altra grande banca commerciale, strettamente legata alle famiglie Crespi e Beneduce.
    • Aveva una presenza forte nel controllo delle operazioni della Banca d’Italia.
  3. Banca di Roma
    • Una delle più grandi banche italiane, con la famiglia Rossi tra i suoi principali influenzatori.
    • Aveva una notevole partecipazione e influenza nella Banca d’Italia.

Influenza e Controllo

Queste famiglie e le loro banche non solo possedevano azioni della Banca d’Italia, ma spesso avevano anche posti nei consigli di amministrazione e potevano influenzare la nomina dei suoi dirigenti. Questo intreccio di relazioni tra la finanza privata e la gestione pubblica della moneta era tipico del periodo pre-nazionalizzazione.

Conclusione

Prima della riforma del 1936, la Banca d’Italia era fortemente influenzata da un gruppo ristretto di potenti famiglie e banche commerciali. Queste famiglie, attraverso le loro banche, esercitavano un controllo significativo sulla politica monetaria e sulle decisioni economiche del paese. La nazionalizzazione del 1936 cambiò radicalmente questa dinamica, trasferendo il controllo dallo spazio privato al dominio pubblico sotto la supervisione diretta dello Stato fascista.